domenica 26 maggio 2013

Le frontiere del disagio. Nuove generazioni in cerca di identità!


Sempre più spesso i giornali danno rilievo a notizie relative a bande delinquenziali di adolescenti che mettono in allarme l'opinione pubblica: tredicenni, quattordicenni e quindicenni figli di famiglie per bene o di famiglie emarginate delle periferie assumono comportamenti analoghi, aggredendo e derubando loro compagni , per sottrarre loro denari, telefonini, motorini, giubbotti. Il fenomeno del bullismo, spesso sottvalutato, va crescendo nelle scuole. Diversa la violenza ideologica, che matura sulla base di concezioni razzistiche, antisemitiche o antiislamiche o anticomuniste o antifasciste. Le paure dell'invasione e della globalizzazione danno nuovo fiato al tribalismo e all'etnocentrismo. La violenza negli stadi, prima, durante e dopo le partite appare autentica follia allo spettatore che ignori la confusione mentale di bande armate e inferocite contro nemici simbolici.

E accanto alla violenza contro gli altri, vi è una varia fenomenologia di violenza contro se stessi.

Sono nuove generazioni in cerca di quella identità che non riescono a trovare. Sono giovani che hanno o vogliono avere tutto, non rendendosi conto che forse la felicità non si ricerca sulle grandi cose o su quelle materiali ma su piccoli frammenti di momenti, di emozioni, di sensazioni, di ideali.

E in questo quadro così confuso, anche drammatico direi, si tendono a seguire le mode. Quasi, fenomeni come il bullismo e la violenza diventano una routine, una abitudine di vita necessaria per dare un senso e un valore alla vita di questi giovani tanto disorientati e poco appassionati, ambiziosi, creativi. 
In questo modello sociale, in cui viviamo e di cui siamo parte integrante, si consumano le più oscure drammaticità di questi tempi.
 
Fabiana, una ragazza di 16 anni bruciata viva dal fidanzato. Carolina, vittima di bullismo, si suicida.

Due ragazze vittime di un disagio giovanile sempre più crescente. Un disagio che è parte di una crisi più ampia che copre l'intera società. 
Bisogna ascoltare, e non giudicare, i giovani che hanno un’identità particolare, più fragile, che vivono in stretto rapporto con la complessità del sistema sociale, di cui sentono gli stimoli, le ansie i turbamenti, la precarietà dei valori, la flessibilità in tutti i campi, la perdita di simboli sociali condivisi, l’incertezza e la paura del futuro.
Io sono cresciuta in un'epoca diversa dove si nasceva e si cresceva nel mito dei racconti della Resistenza, della lotta per la democrazia e contro ogni tipo di oppressione.

In un epoca dove i valori della vita erano essenziali. Oggi l'unico dato certo è la fine delle grandi narrazioni che hanno attraversato e plasmato il secolo finito pochi anni fa. Oggi, dobbiamo capire che in questa epoca si è giovani in modo molto diverso da prima.
Bisogna partire da qui, da un ascolto e un confronto più sostanziale e profondo.

Valentina Spata

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